(Notti nei Giardini di Spagna, Miss Fozzard si rimette in piedi)
di Alan Bennett
con Michela Cescon
versione italiana e regia di Valter Malosti
suono G.u.p. Alcaro
scene Nicolas Bovey
costumi Grazia Materia
luci Alessandro Barbieri
fonico Federica Canciello
assistente alla regia Elvira Berarducci
foto Fabio Lovino
produzione Teatro di Dioniso, Progetto Goldstein, Pierfrancesco Pisani in collaborazione con Infinito srl
In TALKING HEADS II viene data voce e corpo ad alcuni irresistibili, irriverenti e caustici brani del grande autore inglese: protagoniste di queste piccole commedie nere – come spesso accade nella scrittura di Bennett – sono quasi sempre donne, tutte ad un punto di svolta, tutte alle prese con quel momento della vita in cui le loro esistenze apparentemente anonime si squarciano, per rivelare, con dissacrante ironia, un’altra vita possibile, fuori dall’ombra.
I Talking Heads, titolo che si potrebbe azzardare di tradurre in “Gli straparlanti” sono una serie di monologhi nati come pezzi televisivi per la BBC nel 1988, e poi in una nuova serie nel 1998, ancora inedita per le scene italiane ma interpretati in Gran Bretagna, da attori molto popolari, tra cui anche Maggie Smith.
Malosti e la Cescon hanno selezionato una coppia di testi che possono essere una sorta di tavola rovesciata. Miss Fozzard si rimette in piedi è in definitiva una esilarante avventura della protagonista nelle terre sconosciute del sesso non ordinario, porto con una grazia ed un umorismo irresistibili da Bennett. Tutto ruota intorno ai piedi della signorina Fozzard, veri protagonisti del testo, piedi che attendono cura e attenzione dal podologo perfetto.
Notti nei giardini di Spagna è un testo più denso, più profondamente umano, pur se non mancano anche in questo lavoro momenti di acre umorismo. Qui la protagonista si trova a conoscere la persona che diventerà la più importante di tutta la sua vita in una circostanza tragica, quando quest’ultima assassinerà il marito che abusava di lei e chiederà aiuto nella notte alla protagonista. Nascerà da questo fatale incontro un’amicizia al femminile delicata e intensissima.
«Due testi, due donne alla ricerca di sé stesse e dell’amore, in cui l’autore si serve di una scrittura apparentemente piana ma in realtà piena di sottili strati, di infinitesime variazioni e che, attraverso l’umorismo, ci porta in zone pericolose ed oscure dell’animo umano. La lingua di Bennett è una sorta di veleno che sembra non lasciare traccia ma che si insinua nelle pieghe dell’ascoltatore in maniera quasi invisibile e che distilla poco a poco frammenti di umanità per lo più in rovina. Una lezione di scrittura da un grande sarto della parola. Tecnicamente è una sorta di flusso di coscienza, che la traduzione ha cercato di rendere anche in minima parte, che utilizza molte forme letterarie, dal racconto alla scrittura teatrale, intersecandole in modo perfetto e usando la punteggiatura, molto parsimoniosa, come una forma di notazione musicale.
Ed è proprio il ritmo ed il suono, curato da G.u.p. Alcaro, il punto di partenza dell’interpretazione proposto a Michela Cescon. Le scene sono di Nicolas Bovey, ispirate alla grande fotografia iperrealista e visionaria di Gregory Crewdson e ai corti cinematografici di Roy Andersson, i costumi di Grazia Materia.»
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